E solo la storia dei colori di una matita che ha viaggiato già tanto per conto suo. Si apre una finestra in un muro e via e la storia dell'uomo che disegnava fumetti.
Lavorava la notte da solo nella sua stanza una lampadina che scotta a tremila gradi. Fuori c'è un'insegna un neon che si accende che si spegne e si riflette in un occhio dell'uomo che disegnava fumetti.
Resto appoggiato all'aria che respiro alla mia malattia, alla mia poltrona non c'è differenza tra New York e Roma per gli aerei dell'uomo che disegnava fumetti.
Disegnava molto spesso una ragazza con un certo nome con i blue jeans abituati alla sorpresa. Si scambiavano aria e la luce sembrava accesa fare l'amore con un uomo a fumetti.
E una sera fu lei, fu lei che per scherzo pensò a una storia, una notte a puntate colorata in rosa, si levò i blue jeans e gli disse: "non hai più tempo vieni, sei tu l'eroe di questa morte a fumetti". Io sono solo appogiato all'aria che respiro ho la mia malattia, ho la mia poltrona no, non c'è bisogno di New York di Roma, si cancella dovunque un uomo a fumetti.
Camminavano insieme e si scambiavano i colori, dalla prima fino all'ultima puntata. Poi lui si disegnò e scrisse nella nuvoletta: "addio dall'uomo che disegnava fumetti". Lei ereditò la sua raccolta, la sua lampadina, una cassa di birre, il neon, le sigarette si levò i blue jeans e gli disse: "adesso abbiamo tempo, vieni" quando lo ritrovò in un'altra storia a fumetti.