Ricordo il suo bel nome: Hegel Tubinga ed io avrei masticato la sua tuta da ginnastica. Il nome se lo prese in prestito dai libri e fu come copiare di nascosto, fu come soffiare sul fuoco. Cataste scolastiche: perché? Quando tutto è perduto non resta che la cenere e l'amore; e lei nel suo bel nome era una Jena. Chi di noi il governato e chi il governatore son fatti che attengono alla storia. Chi fosse la provincia e chi l'impero non è il punto: il punto era l'incendio. Erano gli esercizi obbligatori estetici, le occhiate di traverso, e tu guardavi indietro; c'eravamo capiti, capiti all'inverso. Ci diventammo leciti per questo. D'altronde, d'altro canto. A volte essere nemici facilita. Piacersi è così inutile. Un bacio dai bei modi grossolani sfuggì come uno schiaffo senza mani. Talmente presi ci si rese conto d'essere un'allegoria soltanto quando ci capitò di dire, indicando il soffitto col naso, di dire "Noi due" e ci marmorizzammo. La corda tesa, amò l'arco e la tempesta la schiuma, il cuore amò se stesso, ma noi non divagammo. L'animo umano è nulla se non è una pietra da scalfire ricavando i capelli e il suo bel piede. Era la collisione, il primo scontro epico, perché non scritto ma cavalcato a pelo, ed ognuno esigeva la terra dell'altro, le mani, la terra, la carne, il terreno.